Quando il sole muoverà gli aeroplani

Slow Food

SLOW FOOD N. 46,  giugno 2010

Quando il sole muoverà gli aeroplani

Maurizio Gily

La meraviglia che Kant provava al cospetto del cielo stellato io l’ho sempre provata guardando crescere le piante, maturare i frutti, rigenerare la vita e la catena alimentare grazie ad un sistema altamente efficiente di catturare e sfruttare l’energia luminosa. Alla base della fotosintesi clorofilliana sta una reazione apparentemente semplice: la separazione di ossigeno e idrogeno da una molecola d’acqua, tramite la rottura dei forti legami che li uniscono, provocata dall’energia del sole. Nella realtà in questa reazione e in quelle che seguono, la ricombinazione dell’idrogeno con il carbonio sottratto alla CO2 atmosferica, con liberazione dell’ossigeno in atmosfera, e la successiva costruzione delle molecole organiche, non c’è nulla di semplice: la fotosintesi, l’azione degli enzimi con i loro catalizzatori metallici e la conseguente costruzione dei mattoni della vita sono processi biochimici che hanno popolato i nostri incubi di studenti, e peggio sarà per le generazioni a venire, perché più aumentano le conoscenze e più la vita appare complessa.

Quella di rubare alla natura i “codici di accesso” di questa alta tecnologia che è la fotosintesi, per assicurare all’umanità energia rinnovabile in abbondanza e a basso costo mi è sempre parsa un’idea degna di Prometeo, uno dei miei eroi preferiti. Per questo quando ho saputo del progetto della “foglia artificiale” del BioSolar Lab del Politecnico di Torino ho cercato di saperne di più e ho chiesto di incontrare il responsabile del progetto.

Il prof. James Barber è docente al’Imperial College di Londra e si muove tra la capitale britannica e la città di Alessandria, dove ha sede il Biosolar Lab e dove è coadiuvato da due giovani ricercatrici italiane, Fabiana Chimirri e Cristina Pagliano (nella foto di apertura).

Prof. Barber, che differenza c’è tra il modello della foglia artificiale e le applicazioni già conosciute dell’energia solare come il fotovoltaico?

Una prima differenza è che nel fotovoltaico si sfrutta l’effetto fotoelettrico per generare corrente: ma la corrente elettrica ha applicazioni limitate, con l’elettricità non si fanno viaggiare gli aerei, le navi, i trattori agricoli… è possibile produrre idrogeno tramite elettrolisi con catodi di platino, ma è una tecnologia costosa e poco efficiente. La foglia elettronica invece simula le reazioni che avvengono nelle piante, con la separazione dell’idrogeno dall’acqua. L’idrogeno prodotto può essere direttamente stoccato in celle e usato come combustibile, oppure si può farlo reagire con il carbonio e i suoi composti per produrre idrocarburi puri, che non producono sottoprodotti di combustione nocivi come polveri sottili e gas solfidrici, ed il cui CF (carbon footprinting, cioè quantità di anidride carbonica emessa) è pari a zero, in quanto il carbonio utilizzato per la costruzione delle nuove molecole viene sottratto alla CO2 dell’atmosfera proprio come fanno le piante. Un'altra differenza è che il fotovoltaico usa componenti ottenuti dalla fusione e cristallizzazione del silicio, un processo costoso sul piano energetico ed economico, mentre il Fotosistema II o PSII, l’enzima che studiamo al BioSolar Lab, avvia la fotosintesi con la rottura dei legami dell’acqua tramite un nucleo di manganese e calcio, elementi disponibili in grande quantità, combinati con un complesso proteico. Il modello di enzima artificiale sul quale stiamo lavorando, a imitazione del PSII, prevede l’utilizzo di manganese e ferro, minerali poveri.

Quindi con la foglia artificiale si potrebbe produrre energia a basso costo?

Teoricamente sì. In pratica questo dipenderà da quante risorse saranno investite nei prossimi anni nella ricerca in questo campo, al fine di svilupparne sia gli aspetti teorici che le applicazioni industriali. Fino ad ora, al di là delle dichiarazioni di principio, i governi hanno investito poco sulle fonti rinnovabili perché il petrolio è un affare per molti ed il suo prezzo all’origine è relativamente basso. Le spese del bilancio federale degli Stati Uniti sulle fonti energetiche, a confronto con quelle per i programmi spaziali o per le spese militari rendono l’idea in modo alquanto impressionante (GRAFICO). Sembra quasi che la politica energetica prescelta sia quella di fare le guerre per approvvigionarsi di idrocarburi a basso costo piuttosto che lavorare sulle fonti rinnovabili. Per ottimizzare il potenziale energetico del sole servirebbe un investimento almeno pari a quello del programma Apollo, che ha portato l’uomo sulla luna: con implicazioni economiche e sociali, però, ben più rilevanti.

Il nucleare non è una soluzione?



Investimenti in ricerca e sviluppo del bilancio federale degli USA dal 1955 al 2003

Secondo me no, almeno non a breve e medio termine. Le tecnologie attuali hanno problemi di impatto ambientale e compatibilità sociale e, anche per questo, ma non solo per questo, costi elevati e tempi lunghi. Per soddisfare la richiesta di energia prevista per il 2050 si dovrebbe costruire una centrale alla settimana. Ma in Gran Bretagna il tempo medio di costruzione di una centrale è dieci anni. Se si arrivasse alla tecnologia della fusione del nucleo sarebbe diverso, ma le difficoltà teoriche e applicative sono enormi, non credo che ci si arriverà prima di 40 anni. E cos’è poi un reattore dove avviene la fusione nucleare? Niente altro che un piccolo sole. Per il momento possiamo usare quello che c’è già. In effetti oggi nessuna impresa privata investe sul nucleare. Non  è “profitable”: è una scelta strategica dei governi che va nel segno di una riduzione della dipendenza energetica e delle emissioni di gas serra, ma a mio avviso non è la soluzione: troppo costosa e inquinante.

E la produzione di biocombustibili non è già uno sfruttamento della fotosintesi?

Certo, se è per questo anche il petrolio e il carbone lo sono, si tratta di energia accumulata con la fotosintesi da organismi che hanno popolato la terra per milioni di anni. A ben vedere quasi tutto viene dal sole. Ma la resa energetica dei biocombustibili e delle biomasse va dallo 0,2 al 2% dell’energia solare incidente: una resa bassa, destinata a creare competizione tra produzione di energia e produzione del cibo per un’umanità in crescita. Può essere accettabile in alcuni casi, ma è necessario mettere a punto meccanismi più efficienti. Il consumo attuale di energia è calcolato in 13 Terawatt all’anno, e si prevede che salirà a 20 nel 2050. Il dato fa paura, ma se pensiamo che l’energia solare che impatta sulla terra in un’ora supera quella prodotta in un anno intero dai combustibili fossili possiamo concludere che forse abbiamo i mezzi per prevenire la catastrofe. A patto di svilupparli.