Cyrano de Bergerac
Cyrano de Bergerac

Degustatori con superpoteri

Millevigne

Che esistano degustatori con doti naturali superiori alla media non vi è dubbio. Sono doti di diversa natura: genetiche, riguardano i recettori olfattivi e gustativi ma anche zone più interne del sistema nervoso, quelle legate alla memoria; poi ci sono aspetti più culturali, l’educazione del gusto, la ricchezza e la capacità di linguaggio.

Infatti il “giudizio organolettico” è frutto di un processo che comprende, schematicamente, tre fasi: la percezione attraverso gli organi di senso, la trasmissione del segnale al cervello e la sua elaborazione “culturale”. Per fare un esempio, un bambino spesso rifiuta un gusto amaro, o l’odore di un alimento non fresco, che ha subito trasformazioni ossidative e/o proteolitiche, come il gorgonzola o lo stoccafisso. Potrebbe trattarsi di un meccanismo di difesa dell’organismo che lo mette al riparo da alimenti avariati che potrebbero nuocergli (l’amaro nel latte è frutto di una deviazione batterica, che però non è considerata tale in alcuni formaggi). Con il tempo impariamo ad apprezzare sapori e gusti più “evoluti” come questi, grazie all’assuefazione, ad un progressivo cambiamento dell’alimentazione e alla mediazione culturale. Sentori che un degustatore di vino professionale considera deviazioni altri commentatori, soprattutto nel variopinto mondo dei “blog”, sono disposti ad accettarli, se non addirittura ad apprezzarli, come segnali di distinzione, di genuinità, addirittura di “territorialità”. Come dicevano gli antichi, de gustibus non est disputandum. Allo stesso modo gli odori classificati “di ridotto” in un vino sarebbero, secondo uno studio australiano, meglio accetti dagli “esperti” che non dal consumatore medio. Il che ha una certa importanza, ad esempio, per la scelta del tipo di chiusura.

Per quanto riguarda le doti genetiche, una classificazione americana divide la popolazione in tre categorie: supertaster, normal taster e non taster. Il 50% percento della popolazione apparterrebbe alla categoria mediana, mentre le altre due categorie raccoglierebbero rispettivamente il 25%. Le donne hanno capacità percettive di norma superiori agli uomini. Questa classificazione si basa in particolare sulla percezione di uno dei gusti fondamentali, l’amaro. Si è utilizzata una sostanza indice, Il propiltiouracile (PROP), misurandone la percezione a dosi crescenti in una soluzione. L’attitudine sviluppata alla percezione dell’amaro (ma non solo di esso) sarebbe legata alla densità delle papille fungiformi sulla lingua. Sulla base di tali considerazioni dovremmo concludere che chi ama i vini “importanti”, quindi ricchi di tannini, che hanno una nota amara nel sapore, non sono “supertaster”. Una conclusione paradossale.

“Rottamare” i degustatori? 

L’esperienza di un degustatore, che abbia assaggiato diverse migliaia di vini, non ha influenza sulla sensibilità dei recettori, che è di natura genetica, mentre ne ha, ovviamente, sulla sua formazione “culturale”, sull’evoluzione del suo gusto e sull’allenamento della memoria e del linguaggio. Inoltre le facoltà recettive diminuiscono con l’età, in modo lento e progressivo, più o meno a partire dai cinquanta anni, accelerando dopo i sessanta, non diversamente da quanto avviene con la vista, con l’udito e con la memoria. La cosa varia a seconda degli individui e la pratica assidua prolunga le attitudini nel tempo: nondimeno per chi, come me, i cinquanta li ha passati si tratta di una verità piuttosto seccante... In un panel l’esperienza di qualche degustatore più anziano è sicuramente utile, ma bisogna fare largo ai giovani e soprattutto alle donne, che hanno un naso migliore del nostro e un palato più sensibile. Esistono test statistici di valutazione dei giudici, che si possono trovare nei manuali di analisi sensoriale. Da farsi, eventualmente, a loro insaputa.

Supernasi 

Non sono un “master of wine” e non mi ritengo un degustatore di particolare abilità anche se ho avuto l’onore di far parte di commissioni internazionali molto prestigiose, come quelle di Radici del Sud e del concorso internazionale di Sydney. Forse non ne avevo la qualifica: trovo infatti difficile indicare più di tre o quattro descrittori olfattivi in un vino, a meno che non si tratti di vini di straordinaria complessità. Sicuramente ci sono persone in grado di rilevarne e di descriverne di più. A parte il fatto che i descrittori analogici (banana, fiori bianchi etc.) raramente corrispondono esattamente alle molecole che si trovano nella materia che si usa come termine di paragone, sono anche convinto che nelle descrizioni molto articolate che si ascoltano o si leggono ci sia spesso un gran lavoro di fantasia: più per autosuggestione che per malafede. Fino ad arrivare alle iperboli barocche di certi “wine writer”, degne di un Cyrano de Bergerac, che infatti, non a caso, aveva un gran bel “pennacchio”.

Ma quando si passa dalle parole alla realtà di parametri misurabili molte cose cambiano. Degustando, per esempio, un Barolo, la pretesa di riconoscere, in un crescente scala di difficoltà, la botte grande o piccola, nuova o usata, la presenza di vitigni diversi dal Nebbiolo, anche in minime percentuali, il produttore, l’annata, il cru di provenienza, l’uso o meno di lieviti selezionati o addirittura il ceppo di lievito, il fornitore delle botti o altri particolari sempre più specifici è destinata ad assicurare a chiunque, o quasi, un brutta figura in una qualunque degustazione cieca, cioè senza aver prima visto l’etichetta. Questo spiega perché le degustazioni cieche, e in generale le tecniche di analisi sensoriale, siano in genere amate da commentatori e blogger in proporzione inversa alla loro autostima. Sulle previsioni relative alla parabola qualitativa nel tempo, del tipo “bevetelo tra 10 anni, tra 5 anni, tra 25 anni”, si può dire quello che si vuole tanto nessuno se ne ricorderà, ma naturalmente è un esercizio più che lecito e quelli bravi in questo caso non sbagliano di molto. In effetti l’enologo Michel Rolland lo ha detto chiaro e tondo: se vuoi fare bella figura, in una degustazione cieca, stai zitto. Ipse dixit.

 

VALVERT: Aspettate. Vado a complimentargli della sua faccia il vanto. Voi! Voi avete un naso… che è grande. Tanto!
CYRANO: Tanto.
VALVERT: Ha!
CYRANO: Basta?
VALVERT: Sì.
CYRANO: Ah no. Non è molto, messere. Ce n'erano, oh Dio, ce n'erano a volere. Variando il tono dire … Per esempio, sentite: Aggressivo - se avessi per naso un monolite io me l'abbatterei sulla pubblica piazza. Amichevole - deve sguazzarvi nella tazza, munitevi di giara quando voleste bere. Descrittivo - è una rocca, è un picco, è un belvedere, che dico un belvedere, penisola, altroché. Curioso - a cosa serve quell'oblungo canapé? Nasconde uno scrittoio? Oppure un portaombrelli? Grazioso - Amate forse a tal punto gli uccelli che padre, sposo e amante, offrite una torretta perché vi si ristorino dal becco alla zampetta? Catastrofico - quando, signore, voi pipate, gli sbuffi dal naso vengon fuori a folate, non vi gridano intorno: "S'è incendiato il camino"? Cortese - se la testa vi inciampa in quel gradino, attento a non cadere e lasciarci le cuoia. Dolce - dovete alzarvi una minima tettoia, se no il color nasale al sole si sbiadisce. Saggio - "Solo una bestia," Aristofane ammonisce, "chiamata ippocampelefantocamaleonte, può avere tanta carne sull'osso sotto fronte." Drammatico - è un Mar Rosso, quando ha l'emorragia. Ammirativo - oh, insegna di gran profumeria! Lirico - è una fontana, e voi siete Tritone? Naif - il monumento quand'è in esposizione? Militaresca - carica con la cavalleria! Pratico - lo infiliamo in qualche lotteria? Non v'è dubbio, signore, sarà il premio più grosso. E parodiando - Piramo, piangente a più non posso: "Ecco quel naso che del volto del padrone distrusse l'armonia! Ne arrossisce il fellone!" Ecco che cosa più o meno avrei sentito se di lettere e spirito foste stato unito. Ma di spirito voi, bel saccone di pelle, non ne aveste un sol alito, e di lettere quelle con cui si scrive la parola "Scarafaggio". Aveste per ipotesi avuto poi il coraggio di provocarmi in pubblico, in piena galleria, servendovi di simile, amara allegoria, non sareste riuscito a balbettar l'inizio della metà di un suono, perché io mi delizio di dirmele da me, facendone anche incetta, ma non permetto mai che un altro si permetta.
(E. Rostand, Cyrano de Bergerac, atto I, traduzione di O. Lionello)